Prompt Engineering. Come parli all’intelligenza artificiale?

Immagina di poter guidare un’Intelligenza Artificiale a creare testi su misura per il tuo eCommerce semplicemente formulando le giuste richieste. Se hai mai provato strumenti come ChatGPT di OpenAI o i nuovi modelli come Google Gemini o Claude di Anthropic, avrai notato che a volte le risposte dell’AI possono essere sorprendenti… altre volte un po’ meh. In effetti, può capitare che i risultati siano vaghi, off-topic o non esattamente ciò che avevi in mente. Qual è il segreto per ottenere sempre risposte utili e pertinenti da questi modelli di AI? La risposta risiede nel Prompt Engineering.
Il Prompt Engineering è diventato una competenza cruciale nell’era dei Large Language Model (LLM) – modelli di linguaggio di grandi dimensioni come GPT-4, Gemini o Claude – perché consente di sfruttare appieno il loro potenziale. In pratica è l’arte di saper “parlare” all’AI nel modo giusto: una combinazione di strategia, sperimentazione e creatività nell’elaborare i prompt (ovvero le istruzioni/testi che forniamo al modello) per ottenere esattamente le risposte desiderate. Pensa al prompt come a un volante, e all’LLM come a un motore potentissimo ma che prende tutto alla lettera: più sai sterzare con precisione, migliore sarà il viaggio. In altre parole, prompt efficaci = risultati efficaci.
In questo articolo esploreremo cos’è il Prompt Engineering, come funziona e soprattutto perché può fare la differenza per imprenditori digitali che gestiscono eCommerce o siti da posizionare sui motori di ricerca. Adotteremo un tono divulgativo e informale, con tanti esempi pratici (inclusi quelli tratti dal whitepaper ufficiale Google “Prompt Engineering”, febbraio 2025) e casi d’uso reali. Vedremo come i principi di prompt engineering si applicano a compiti concreti: dal migliorare le descrizioni prodotto del tuo shop online, alla generazione di testi per blog e schede SEO, dalla creazione di chatbot intelligenti per assistere clienti, fino all’automazione del customer service. Spiegheremo anche alcuni concetti tecnici chiave – come temperature, top-k, chain-of-thought, prompt zero-shot/few-shot – in modo semplice ma specifico, così da spiegarti gli strumenti per capire davvero come “parlare” alle AI di ultima generazione.
Spoiler: non serve essere data scientist per scrivere un buon prompt (chiunque può provarci!), ma esistono accorgimenti e tecniche che trasformano un prompt qualunque in un prompt eccellente. Google stessa, nel suo whitepaper, sottolinea che “creare il prompt più efficace può risultare complicato”. Ci sono infatti tanti fattori in gioco: il modello scelto e i suoi parametri, il contesto fornito, le parole usate, lo stile e perfino l’ordine degli esempi influenzano il risultato.
Se sei un imprenditore o marketer digitale, padroneggiare questi concetti ti permetterà di risparmiare tempo, ottenere contenuti di qualità superiore e magari scoprire nuovi modi per automatizzare attività ripetitive. Nei prossimi paragrafi partiremo dalle basi del prompt engineering, per poi addentrarci nelle strategie avanzate e nelle applicazioni pratiche orientate al business. Preparati ad imparare come parlare la lingua delle AI – e a scoprire perché potrebbe valere la pena, alla fine, affidarsi a degli esperti per sfruttarla al massimo nel tuo business.
Indice dei contenuti
Cos’è il Prompt Engineering e perché conta
Il Prompt Engineering è “l’arte e la scienza di progettare e ottimizzare i prompt per guidare i modelli di AI (in particolare gli LLM) a generare le risposte desiderate”. In termini semplici, significa saper formulare richieste (testi, domande, istruzioni) nel modo più efficace possibile affinché l’AI capisca esattamente cosa vogliamo e come lo vogliamo. Un prompt ben congegnato fornisce al modello il giusto contesto, istruzioni chiare ed eventuali esempi, fungendo da roadmap che indirizza l’AI verso l’output specifico immaginato dall’utente. Al contrario, un prompt vago o ambiguo tenderà a produrre risultati vaghi o fuori bersaglio – in gergo, spazzatura in input, spazzatura in output.
Perché questa disciplina è diventata così importante? Pensaci: i modelli linguistici come GPT-4, Google Bard/Gemini, Claude ecc. sono potenti ma generici – sono addestrati su quantità enormi di testi e possono fare un po’ di tutto (dallo scrivere codice al raccontare barzellette). Sta all’utente incanalarli sul compito giusto. Man mano che gli LLM vengono integrati in strumenti di lavoro, motori di ricerca, chatbot e applicazioni aziendali, saperli istruire correttamente è diventato un vantaggio competitivo. Il Prompt Engenineering si concentra proprio sul creare richieste efficaci che permettano ai modelli di comprendere l’intento dell’utente, seguire le istruzioni e generare output accurati e pertinenti. In pratica, il prompt engineering è il ponte tra le domande grezze dell’utente e risposte dell’AI davvero utili e utilizzabili.
Un buon prompt può fare la differenza tra un’AI che “non ci azzecca” e una che diventa un assistente quasi indispensabile. Come sintetizza IBM, la regola di base è prompt di qualità = risultati di qualità. Un modello generativo infatti dipende dalla continua messa a punto dei prompt per imparare e adattarsi, riducendo bias e confusione e producendo risposte più accurateibm.com. Al contrario, se l’istruzione è mal posta o incompleta, anche il modello più avanzato potrebbe fraintendere la richiesta o fornire risposte incomplete/inesatte.
Per gli imprenditori digitali, questo si traduce in benefici tangibili. Padroneggiare il prompt engineering significa ad esempio poter ottenere descrizioni di prodotto migliori (più persuasive e ricche di dettagli) al primo colpo, far generare articoli blog praticamente pronti per la pubblicazione, o ancora istruire un chatbot a rispondere ai clienti in modo preciso e coerente con il tone of voice aziendale. Tutto questo senza dover riscrivere manualmente ogni output dell’AI. In un certo senso, saper fare prompt engineering è come saper porre le domande giuste a un consulente esperto: se sai cosa chiedere e come chiederlo, otterrai le risposte più utili.
Vale la pena sottolineare che il Prompt Engineering non richiede competenze di programmazione avanzata. È più vicino a una forma di comunicazione e progettazione creativa che alla scrittura di codice. Richiede però pensiero critico e pratica: spesso si tratta di procedere per tentativi successivi (iterazione) raffinando il prompt fino ad ottenere il risultato voluto. Anche qui, Google conferma che il prompt engineering è un processo iterativo (procedimento per cui si arriva al risultato attraverso la ripetizione di una serie di operazioni) di tuning: conviene “smanettare” e fare diverse prove, magari usando ambienti di test dedicati (Google suggerisce ad esempio il proprio Vertex AI Language Studio per giocare con i prompt e confrontare i risultati sui vari modelli). Insomma, un mix di metodologia e sperimentazione.
Riassumendo, il prompt engineering conta perché:
- Massimizza la qualità dell’output: prompt ben formulati fanno sì che l’AI colga il contesto e centri meglio il bersaglio, fornendo risposte più utili e precise.
- Riduce tempi di revisione: se l’AI capisce subito cosa vuoi, dovrai correggere/riscrivere meno il suo output, risparmiando tempo.
- Sfrutta appieno gli LLM: modelli generici diventano specialisti del tuo caso d’uso grazie a prompt mirati (senza bisogno di addestrare modelli custom).
- Evita fraintendimenti e errori: tecniche di prompt avanzate possono mitigare bias, confusioni o “allucinazioni” dell’AI, migliorando l’accuratezza delle risposte.
- Consente automazione spinta: più riesci a istruire l’AI con prompt precisi, più compiti puoi delegarle (dalle email generiche alle analisi di dati testuali), liberando risorse umane per attività a maggior valore.
Nei prossimi capitoli vedremo come mettere in pratica tutto ciò. Ma prima, spendiamo due parole su come ragionano gli LLM e perché il modo in cui formuliamo il prompt incide così tanto sul loro comportamento.
Come funzionano gli LLM e il ruolo del prompt
Per capire il perché del prompt engineering, è utile comprendere a grandi linee come funzionano i modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM). Un LLM è fondamentalmente un potente motore di completamento del testo: prende in input una sequenza di parole (il prompt) e predice quali parole dovrebbero seguire, in base a tutto ciò che ha imparato dai dati di addestramento. In pratica “scrive” la risposta una parola (o meglio, un token) alla volta, scegliendo ogni nuovo token in base alla probabilità che sia quello corretto da mettere dopo i token precedenti.
💡 In breve: un LLM non “capisce” come un umano, ma è addestrato a continuare un testo nel modo più plausibile possibile dato l’input iniziale. Il prompt è quindi l’innesco che determina da dove parte e dove va a parare il suo completamento.
Ad esempio, se il prompt è semplicemente “Roma”, il modello potrebbe continuare con “… è la capitale d’Italia.” Se invece il prompt è “Roma è famosa per”, probabilmente continuerà con qualcosa tipo “… la sua storia millenaria, i monumenti e la cucina.” Insomma, cambia il contesto, cambia la previsione. E più il prompt è dettagliato e orientato verso ciò che vogliamo, più l’output sarà in linea.
Un LLM come GPT-4 è stato addestrato su miliardi di frasi e conversazioni. Possiede conoscenze diffuse, ma quando gli chiediamo qualcosa non ha di per sé uno scopo preciso finché non glielo diamo noi con il prompt. Il prompt è il “comando” che dà uno scopo momentaneo al modello: può trasformarlo in un traduttore, in un redattore di schede prodotto, in un assistente tecnico – a seconda di come lo istruiamo. Per questo spesso si paragona il prompt a un ruolo assegnato: ad esempio “Fingi di essere un tutor di lingua inglese e spiega questo testo…” fa sì che l’LLM assuma quel ruolo e risponda di conseguenza.
Da un punto di vista più tecnico, ci sono alcuni aspetti importanti sul funzionamento degli LLM legati ai prompt:
- Contesto e memoria: i modelli considerano sia il prompt che eventualmente la conversazione precedente (nel caso di chat multi-turno) come testo di input su cui basare la prossima risposta. Hanno però un limite di “memoria” (contesto massimo, es. 8.000 token, 32.000 token, fino a 100.000 token in alcuni modelli come Claude 2) oltre il quale dimenticano le parti iniziali. Ciò significa che ogni prompt deve contenere o preservare le informazioni rilevanti affinché il modello possa tenerle presenti. Un prompt efficace spesso include un breve riassunto o richiamo di contesto se la domanda è lunga o fa riferimento a dati menzionati in precedenza.
- Deterministico vs Creativo: il comportamento di generazione può essere più deterministico (ripetibile) o più creativo a seconda di alcuni parametri di inferenza (ne parleremo a breve: temperature, top-k, top-p). In generale, se vogliamo risposte più “sicure” e coerenti, useremo parametri che riducono la casualità. Se vogliamo varietà e creatività (es. per scrivere uno slogan o una storia originale), introdurremo più casualità. Il prompt engineering comprende anche il saper regolare questi parametri o impostare vincoli nel prompt per controllare stile e lunghezza della risposta.
- Tokenizzazione e formato: gli LLM lavorano su token (frammenti di parole). Anche i caratteri speciali, le maiuscole, i markup (come HTML o JSON) fanno parte del testo e influenzano l’output. Ad esempio, includere nel prompt istruzioni del tipo
<json>
o stringhe particolari può far capire al modello che deve restituire un certo formato (come JSON). Questo fa parte del prompt engineering avanzato: guidare il modello verso formati di output specifici (utile per estrarre dati strutturati). Vedremo più avanti come richiedere output in formato JSON o XML possa aumentare la consistenza e ridurre le invenzioni arbitrarie dell’AI. - Bias del prompt: gli LLM tendono a imitare o seguire lo stile suggerito dal prompt. Se il prompt contiene errori o affermazioni scorrette, il modello potrebbe basarsi su quelli e perpetuare l’errore nella risposta. Oppure, se facciamo una domanda tendenziosa, potremmo ottenere una risposta altrettanto di parte. Questo significa che bisogna fare attenzione a come formuliamo le richieste, perché il modello “asseconda” il modo in cui viene interrogato. Un prompt engineering attento include anche controlli su come porre le domande in maniera neutra quando serve, o includere prospettive diverse.
In sintesi, il prompt è parte dell’input ai modelli tanto quanto i dati di addestramento – è l’input dinamico su cui il modello “ragiona” al momento. Investire tempo nel progettare bene il prompt significa indirizzare meglio la potenza del modello. Una citazione dal whitepaper Google lo esprime bene: “Molti aspetti del tuo prompt ne determinano l’efficacia: il modello che utilizzi, i dati su cui è stato addestrato, le configurazioni del modello, la scelta delle parole, lo stile e il tono, la struttura e il contesto – tutto conta”. Il prompt engineering lavora proprio su questi aspetti per massimizzare la qualità del risultato.
Ora che abbiamo chiarito l’importanza del prompt e il modo in cui gli LLM lo usano, passiamo al lato pratico: quali sono le tecniche e strategie per scrivere prompt vincenti. Dalle tipologie di prompt (zero-shot, few-shot, catena di ragionamento) ai parametri configurabili, vedremo come costruire richieste su misura per ottenere ciò che ci serve.
Tecniche di Prompting: zero-shot, few-shot, chain-of-thought, ecc.
Non tutti i prompt sono uguali. Possiamo distinguere diverse tecniche di prompting, ovvero modi differenti di strutturare il nostro input all’AI per ottenere certi effetti. In questa sezione passeremo in rassegna le principali strategie: dal prompt “semplice” senza esempi (zero-shot), a quelli con esempi (one-shot e few-shot), fino a tecniche avanzate come il chain-of-thought (far ragionare passo-passo il modello). Vedremo anche l’uso di prompt di sistema/ruolo e prompt contestuali, che sono fondamentali per definire il comportamento e il tono delle risposte.
Nota: Molte di queste tecniche possono essere combinate in uno stesso prompt. Ad esempio, potremmo fornire al modello un contesto e anche degli esempi (few-shot) all’interno dello stesso prompt, oppure usare un approccio chain-of-thought in combinazione con esempi. L’abilità sta nel sapere quali leve tirare a seconda del risultato desiderato.
Prompt zero-shot (diretto)
Un prompt zero-shot è il caso più semplice: consiste nel dare al modello un’istruzione o domanda diretta, senza fornire alcun esempio aggiuntivo. Lo chiamiamo “zero-shot” perché non forniamo esempi di input-output (“shot”) da imitare; il modello deve rispondere a prima vista con le sole indicazioni che gli diamo in quel momento.
Esempi di prompt zero-shot:
- Domanda diretta: “Qual è la capitale della Spagna?” – Il modello risponde basandosi sulla sua conoscenza (output atteso: “Madrid”).
- Istruzione diretta: “Riassumi questo articolo in 3 punti elenco.” – L’AI esegue l’operazione richiesta di sintesi in bullet point.
- Richiesta creativa: “Inventa un titolo accattivante per un blog post sulle auto elettriche.” – Il modello genera un titolo senza che gli abbiamo mostrato esempi di titoli precedenti.
In zero-shot il successo dipende moltissimo da come formuliamo la richiesta. Poiché non diamo esempi, dobbiamo essere particolarmente chiari e specifici nell’istruzione se vogliamo un certo formato o stile. Ad esempio, invece di chiedere “Dimmi dei posti belli a New York per una famiglia” (vago), potremmo dire “Suggerisci 5 attrazioni adatte a una visita a New York con bambini di 3 anni, tono informativo ma amichevole.”. Siamo ancora zero-shot (nessun esempio), ma un prompt del genere fornisce molti più indizi espliciti all’AI su cosa produrre (numero di suggerimenti, contesto “con bambini”, stile amichevole, ecc.).
Prompt Engineering nel zero-shot: significa imparare a scrivere istruzioni chiare, evitando ambiguità. Un consiglio di Google è “Design with simplicity”, ovvero preferire prompt concisi e diretti anziché prolissi e confusi. Ad esempio, il whitepaper mostra questo caso:
- Prima (complicato): “I am visiting New York right now, and I’d like to hear more about great locations. I am with two 3 year old kids. Where should we go during our vacation?” (utente parla in prima persona, domanda lunga)
- Dopo (semplificato): “Act as a travel guide for tourists. Describe great places to visit in New York Manhattan with a 3 year old.”
Il secondo prompt, riscritto in forma di comando, è molto più chiaro per l’AI: le dice di agire come guida turistica e di descrivere luoghi adatti a un bambino di 3 anni a Manhattan. Rispetto al primo (in cui l’AI doveva interpretare la richiesta dentro una domanda generica), quello riscritto comunica immediatamente chi deve essere l’AI (ruolo) e cosa deve fare (descrivere posti adatti a bimbi). Google consiglia inoltre di usare verbi di azione chiari all’inizio del prompt (es. Elenca… Descrivi… Analizza…) proprio per togliere ogni ambiguità e “dare il la” corretto al modello. Alcuni verbi utili per iniziare prompt diretti in italiano possono essere: Agisci come…, Analizza…, Descrivi…, Riassumi…, Traduci…, Elenca…, Crea…, Spiega… ecc., in base a ciò che vogliamo.
In sintesi, il zero-shot funziona bene per richieste relativamente semplici o quando confidiamo che il modello abbia già le conoscenze necessarie. È la modalità da usare per domande dirette di Q&A, traduzioni, riassunti, generazione creativa libera e casi similicloud.google.com. Se però il compito è più complesso o richiede un certo stile coerente oppure un formato specifico, spesso lo zero-shot da solo può non bastare a garantire un output ottimale. Ed è qui che entrano in gioco i prompt con esempi.
Prompt one-shot e few-shot (con esempi)
Il passo successivo è fornire al modello uno o più esempi di ciò che vogliamo, prima di porre la richiesta effettiva. Questo si chiama prompt one-shot (se diamo un esempio solo) o few-shot (se di esempi ne diamo pochi, tipicamente 2-5). In pratica, nel prompt includiamo delle dimostrazioni: coppie di input->output di esempio, analoghe al compito che stiamo per assegnare all’AI. L’LLM grazie a questi esempi può cogliere il pattern e replicarlo.
Questa tecnica si basa sul fatto che gli LLM, avendo visto tanti testi, sanno continuare una sequenza seguendo lo stile degli esempi forniti. In un certo senso stiamo facendo un mini-addestramento on the fly fornendo casi già risolti.
Esempio pratico (few-shot): Supponiamo che tu voglia un modello che trasformi frasi di ordini pizza in JSON strutturato. Un prompt few-shot potrebbe essere:
**Istruzione:** Formatta l'ordine di pizza seguente come JSON.
**Esempio 1:** "Small pizza with cheese and pepperoni" => {"size": "small", "ingredients": ["cheese", "pepperoni"]}
**Esempio 2:** "Large pizza with mushrooms and olives" => {"size": "large", "ingredients": ["mushrooms", "olives"]}
**Nuovo ordine:** "Medium pizza with tuna and onions" =>
L’output atteso sarà il JSON {"size": "medium", "ingredients": ["tuna", "onions"]}
seguendo lo schema imparato dagli esempi. Nel prompt sopra abbiamo mostrato due esempi e poi lasciato che l’AI completasse col risultato per il nuovo ordine.
Stiamo in pratica dicendo: “Vedi? Quando ti do una frase del genere, il risultato deve avere questo formato JSON. Ora fai lo stesso per questa nuova frase.” Questo aiuta enormemente il modello a capire cosa fare, molto più di una spiegazione in lingua naturale. Infatti, Google sottolinea che la singola best practice più importante è fornire esempi one-shot/few-shot nel prompt perché “funziona come potente strumento didattico”, mostrando al modello il risultato desiderato e facendogli da riferimento. In altre parole, gli esempi orientano l’output su stile, formato e contenuto atteso.
Quando usare one-shot/few-shot? Ogni volta che:
- Il task ha un formato specifico: ad es. vuoi output in JSON, o in una certa struttura (lista di punti, tabella Markdown, ecc.). Fornire un esempio già formattato in quel modo aiuta a evitare deviazioni. Come visto, un esempio di JSON in prompt fa sì che l’AI tenda a restituire JSON valido.
- Serve mantenere uno stile particolare: se vuoi che il testo abbia un certo tono o imitare un certo autore, puoi dare in input un esempio di testo con quel tono. Es: “Esempio: [Testo motivazionale scritto in tono entusiasta]… Ora motiva l’utente sullo stesso tema con lo stesso tono.”
- Il modello potrebbe non capire subito il compito: per attività un po’ fuori dall’ordinario (es. interpretare un certo tipo di comando, estrarre informazione da un testo), fornire un esempio chiarisce cosa deve fare. Ad es., per estrarre dati da fatture potremmo dare un esempio di fattura e come va compilato il risultato.
- Vuoi ridurre errori o bias: con esempi mostri i casi corretti. Ad esempio, se fai classificazione di sentiment, includere un mini set di esempi bilanciati (positivo, negativo, neutro) evita che il modello propenda sempre per la stessa classe iniziale per abitudine.
Secondo il whitepaper Google, di solito 3-5 esempi bastano per un buon few-shot. A volte anche un singolo esempio (one-shot) può fare miracoli se è altamente rappresentativo. Ovviamente, c’è un limite: più esempi metti, più il prompt diventa lungo – e c’è un vincolo di token totali. Quindi si deve trovare un equilibrio. Google suggerisce “un buon punto di partenza è usare 6 esempi few-shot e vedere i risultati da lì”, aggiustando poi se necessario. In generale, se il compito è complesso, aggiungere esempi rilevanti aiuta molto, ma attento a non allungare troppo il prompt sforando i limiti del modello (in quel caso dovresti ridurre numero o lunghezza degli esempi).
Un dettaglio importante per prompt di classificazione (dove l’output è una categoria): varia l’ordine degli esempi. Google indica che negli esempi di classificazione conviene mescolare l’ordine delle classi, perché altrimenti il modello potrebbe “affezionarsi” all’ultima opzione vista o a quella in cima. Mescolando, lo costringi a capire davvero il contenuto e non solo a ripetere il primo esempio. Ciò migliora la generalizzazione su dati non visti.
Prompt di sistema e di ruolo
Finora abbiamo parlato come se il prompt fosse sempre una singola stringa fornita all’AI. In realtà, in molti sistemi (ad esempio nell’API di OpenAI o nelle piattaforme come Azure OpenAI, Google Vertex AI, ecc.) il prompt può essere articolato in più parti con ruoli diversi. I principali ruoli di prompt sono:
- Prompt di sistema: un messaggio iniziale che definisce il contesto globale e le regole per l’AI. Non viene visto come una domanda dell’utente, ma come istruzioni di background. Ad esempio: “Sei un assistente virtuale esperto in marketing. Rispondi in modo cordiale e conciso. Non fornire consigli legali.” Questo setta il tono e i confini entro cui il modello opererà a ogni risposta. Il prompt di sistema fornisce il “big picture” di cosa il modello dovrebbe fare. (tradurre, rispondere come un personaggio, ecc.) ed è molto utile per ancorare il comportamento del modello.
- Prompt di ruolo (o persona): è simile al concetto di sistema, ma spesso inserito come parte del messaggio utente all’inizio. Consiste nell’assegnare all’AI un ruolo o identità specifica che influenzerà lo stile e il contenuto delle risposte. Ad esempio: “Immagina di essere un personal trainer. Mi fornisci un piano di allenamento…”. Oppure: “Agisci come se fossi un cliente arrabbiato e scrivi una recensione negativa del prodotto X.”. Dare un ruolo aiuta il modello a generare risposte coerenti con quel personaggio o quella prospettiva. Nel whitepaper Google si fa l’esempio di assegnare il ruolo di agente di viaggio vs il ruolo di insegnante di geografia: cambiando ruolo, cambieranno i dettagli enfatizzati nella risposta (un insegnante potrebbe fornire più contesto storico/geografico, un agente di viaggio dettagli più pratici).
- Prompt contestuale: fornire informazioni di contesto o background rilevanti per la richiesta. Ad esempio, prima della domanda del nostro utente potremmo incollare un estratto di un manuale e poi chiedere: “In base al manuale sopra, come risolvere il problema X?”. In questo caso il contesto (il manuale) fa parte del prompt. Un altro esempio: “Contesto: La nostra azienda vende abbigliamento sportivo online. Abbiamo un tono di voce informale e divertente. Domanda: Mi scrivi una descrizione prodotto per una nuova felpa con cappuccio?”. Qui le frasi iniziali orientano l’AI sul contesto aziendale e sul tono da usare. I prompt contestuali aiutano l’AI a comprendere meglio le sfumature e i dettagli del compito, portando a output più pertinenti. In pratica, è come dare all’AI delle “note a margine” prima che risponda.
Nei sistemi come ChatGPT, l’utente di solito fornisce un prompt utente, mentre il prompt di sistema può essere impostato sotto il cofano (ad es. ChatGPT di default ha un sistema prompt del tipo “Sei ChatGPT, un modello linguistico di OpenAI… segui queste regole…” invisibile all’utente). Quando usi direttamente l’API o tool avanzati, hai tu il controllo del system prompt.
Perché usare il system/role prompt? Perché rende le risposte più consistenti e aderenti a certe linee guida. Se ad esempio vuoi che il chatbot del tuo eCommerce dia del tu ai clienti e sia sempre positivo, puoi inserire un prompt di sistema: “Lo stile deve essere informale, da dare del tu, sempre incoraggiante e mai conflittuale.” Così, anche se l’utente fa domande varie, il modello manterrà quel registro. Il system prompt insomma definisce la personalità dell’assistente.
Da Google: “Il prompt di sistema fissa il contesto generale e lo scopo per il modello… come il ‘grande quadro’ di ciò che il modello dovrebbe fare”. Il prompt di ruolo invece “assegna un’identità specifica al modello, aiutandolo a generare risposte coerenti con quel ruolo”. Entrambi sono potenti per guidare il comportamento. La differenza è sottile: spesso il system è usato per regole e tono globali, mentre il role può essere usato anche durante la conversazione per far cambiare prospettiva (“Ora agisci come un cliente…”).
Esempio di utilizzo combinato nel contesto eCommerce:
- Prompt di sistema: “Sei un assistente AI per il servizio clienti di ShopXYZ. Devi aiutare i clienti in modo educato, con tono amichevole e soluzioni dettagliate. Se non sai qualcosa, offri di approfondire. Non rivelare mai informazioni interne.”
- Prompt utente (ruolo integrato): Utente: “Ciao, ho un problema con il mio ordine.”
Assistente (AI): “Ciao! Mi dispiace che tu stia riscontrando un problema. Sono qui per aiutarti. Puoi dirmi di quale ordine si tratta e che cosa è successo?”
Qui il system prompt ha già predisposto l’assistente a un certo comportamento (cortesia, helpfulness, ecc.). L’utente non lo vede, ma ne beneficia nella qualità dell’interazione. Se volessi, potrei ulteriormente dire all’AI in un turno successivo: “Ora fai il ruolo di tecnico e dammi i dettagli tecnici”, e aggiustare quindi la direzione.
Molti dei migliori risultati con LLM derivano proprio dal combinare queste tecniche: dare un buon prompt di sistema/ruolo, fornire contesto ed eventualmente esempi, e poi porre la domanda. È un po’ più laborioso che scrivere una domanda secca, ma la differenza si nota nella coerenza e utilità delle risposte.
Prompt contestuali
Abbiamo toccato questo punto sopra, ma ribadiamolo: un prompt contestuale significa includere nel prompt informazioni aggiuntive rilevanti per il task. L’AI di per sé non può “andare a cercare” informazioni esterne (a meno di sistemi con tool retrieval, che è un altro discorso avanzato). Quindi, se la domanda dell’utente richiede conoscere dati specifici (es: “Spiegami questo documento” – l’AI non ha quel documento a meno che glielo fornisci), devi includerli tu.
Per un imprenditore digitale, i prompt contestuali trovano applicazione quando si vuole che l’AI elabori dati aziendali o di dominio specifico. Qualche scenario:
- FAQ o basi di conoscenza: si può inserire nel prompt un estratto di FAQ aziendali o policy, e poi chiedere di rispondere alla domanda del cliente basandosi su quelle. Così il chatbot darà risposte accurate secondo la documentazione fornita.
- Dati di prodotto: per far scrivere al modello una descrizione prodotto accurata, puoi passargli come contesto le specifiche tecniche o la scheda fornita dal fornitore, e poi chiedere “Genera una descrizione in stile narrativo enfatizzando questi punti…”. L’AI utilizzerà i dettagli forniti (che magari non conosceva prima) all’interno del testo.
- Stato utente: in un assistente personale, potresti dire: “Contesto: Oggi l’utente ha fatto 5 km di corsa e ha assunto 2000 kcal. Ora domanda: Che cena dovrebbe mangiare per restare in linea col suo obiettivo?” – Il modello terrà conto dei numeri forniti.
- Stile di brand: come accennato, inserire linee guida di branding (“Siamo leader di mercato, tono professionale ma accessibile, mai menzionare la concorrenza”) all’inizio del prompt contestualizza ogni risposta in quell’ottica.
La chiave dei prompt contestuali è: fornire solo il contesto rilevante e nella giusta quantità. Troppo poco contesto e l’AI potrebbe inventare o errare. Troppo (pagine e pagine) e rischi di saturare la finestra di contesto o confondere il modello. Spesso conviene riassumere o filtrare il contesto a monte, se possibile, o usare modelli con contesti più ampi. A tal proposito, modelli come Claude 2 di Anthropic offrono contesti enormi (fino a ~100.000 token, circa 75 mila parole), il che consente di fornire anche documenti interi come input per analisi approfondite. Questo può aprire strade interessanti: ad esempio, dare in pasto all’AI l’intero catalogo prodotti o un corposo report di vendita e poi porre domande incrociate. Claude 2 ha dimostrato di poter leggere romanzi interi in meno di un minuto e individuare modifiche sottili nel testo. Ovviamente, con contesti così grandi occorre un prompt ben strutturato per far sì che il modello sappia dove guardare tra tutte quelle informazioni.
In definitiva, l’uso del contesto all’interno del prompt fa parte del prompt engineering: è la capacità di capire quali informazioni fornire al modello in input per ottenere l’output voluto. Non possiamo aspettarci che l’AI “sappia già” tutto del nostro business o della nostra situazione specifica (soprattutto se sono dettagli proprietari) – dobbiamo alimentarla con quei dati nel prompt. Un’attenzione: occhio a cosa inserisci nel prompt in termini di dati sensibili. I prompt, se usi servizi cloud esterni, potrebbero essere registrati e analizzati dal provider, quindi evita di mettere informazioni personali o riservate a meno di usare istanze dedicate o soluzioni on-premise. Un’alternativa per includere contesto senza rivelarlo nel prompt grezzo è usare tecniche di embedding e recupero, ma questo esula dalla nostra trattazione (in breve, spezzetti i documenti, li indicizzi e recuperi solo i pezzi rilevanti da inserire come contesto).
Prompt “chain-of-thought” (a catena di ragionamento)
Una delle tecniche più affascinanti emerse di recente è il Chain-of-Thought (CoT) prompting, ovvero far sì che l’LLM espliciti un ragionamento passo-passo prima di dare la risposta finale. In pratica si induce il modello a “pensare ad alta voce” scomponendo problemi complessi in passi logici.
Questo approccio è molto utile per compiti di ragionamento o calcolo non banale, dove gli LLM altrimenti tendono a fare errori se provano a rispondere direttamente. Ad esempio, gli LLM pur essendo bravi con il linguaggio, spesso sbagliano problemi di matematica di base o di logica perché nel loro completamento testuale possono perdere pezzi del ragionamento. Ma se li incoraggiamo a snocciolare la soluzione step by step, aumentano le probabilità di correttezza.
Come si implementa il chain-of-thought? Il metodo più semplice è aggiungere nel prompt frasi tipo “Analizziamo passo passo:” oppure “Ragiona prima di rispondere.” o ancora “Facciamo i calcoli passo-passo:”. In inglese è diventato celebre l’espediente “Let’s think step by step” (Pensiamo passo dopo passo). Questa frase nel prompt spinge il modello a produrre una sorta di spiegazione prima di concludere.
Esempio concreto: Problema logico-matematico: “Quando avevo 3 anni, il mio partner aveva 3 volte la mia età. Ora ho 20 anni. Quanti anni ha il mio partner?”. Un modello come GPT potrebbe facilmente rispondere “63 anni” se tenta un ragionamento affrettato (molti LLM lo fanno: pensano 3 e 3 volte, poi 20, e danno una risposta sballata). Ma se formuliamo il prompt così: “Quando avevo 3 anni, il mio partner aveva 3 volte la mia età. Ora ho 20 anni. Quanti anni ha il mio partner? Ragioniamo passo passo.”, ecco che l’output cambia drasticamente:
Supponiamo che la mia età attuale sia X.
2. Quando avevo 3 anni, la mia età era 3 anni.
3. L'età del mio partner all'epoca era 3 volte la mia, cioè 3 * 3 = 9 anni.
4. Ora io ho 20 anni, quindi sono passati 17 anni da quando ne avevo 3.
5. Anche il mio partner avrà aggiunto 17 anni ai suoi 9 anni iniziali.
6. Pertanto l'età attuale del mio partner è 9 + 17 = 26 anni.
**Risposta:** Il partner ha 26 anni.
Come vedi, il modello ha elencato i passaggi logici arrivando al risultato corretto (26). Questo esempio è proprio tratto dal whitepaper di Google, che mostrava come senza chain-of-thought l’LLM aveva risposto erroneamente 63, mentre con il prompt “step by step” ha risolto correttamente il problema. In quel caso specifico, l’aggiunta di “Let’s think step by step.” nel prompt ha fatto la differenza tra una risposta sbagliata e una giusta.
Vantaggi del CoT prompting:
- Aumenta l’accuratezza su problemi che richiedono più ragionamenti intermedi (matematica, logica, rompicapo, domande complesse a risposta aperta).
- Fornisce interpretabilità: vedendo i passaggi, l’utente può capire come l’AI è arrivata alla risposta e individuare dove sbaglia se sbaglia. Questo è utile anche per debug: se il modello va fuori strada, leggendo la catena di ragionamento ci accorgiamo del punto in cui ha fatto un’assunzione errata.
- Rende il modello più robusto a cambi di versione: sembra che prompt con ragionamenti espliciti siano meno soggetti a drift cambiando modello (ovvero funzionano in maniera più consistente su modelli diversi).
Svantaggi/disclaimer: Far fare passi aggiuntivi al modello implica che l’output è più lungo (più token consumati, quindi più costi e latenza). Inoltre, c’è la possibilità che l’AI “inventa” ragionamenti fittizi: può capitare che sembri fare un bel discorso logico ma poi arrivi alla conclusione sbagliata comunque. In quei casi, però, almeno ce ne accorgiamo perché leggiamo i passaggi (che magari contengono un errore di calcolo evidente). Per mitigare questo, c’è un’ulteriore tecnica chiamata self-consistency: far generare al modello più catene di ragionamento indipendenti e poi far scegliere la risposta più comune tra quelle ottenute. In sostanza, chiedi al modello di risolvere il problema 5 volte (ogni volta potrebbe fare un ragionamento leggermente diverso) e vedi quale risposta finale compare più spesso; quella di solito è corretta più di frequente che una singola esecuzione. Questo metodo, però, è costoso in termini di chiamate.
Un consiglio pratico: puoi combinare chain-of-thought con few-shot. Ad esempio, nel prompt prima di porre il tuo problema, mostra un esempio di ragionamento risolto passo-passo (come una sorta di “guida”). Il whitepaper mostra che un zero-shot chain-of-thought già migliora le prestazioni, ma un few-shot chain-of-thought le migliora ulteriormente per compiti difficili. Cioè, far vedere un esempio completo di ragionamento corretto e poi dare un nuovo problema da risolvere con lo stesso approccio porta spesso l’AI a imitare quel metodo e arrivare alla soluzione.
Quando usare CoT prompting? Non serve per tutto, ma quando hai:
- Problemi matematici multi-step, calcoli di percentuali, date, ecc.
- Domande di ragionamento logico (“Se A > B e B > C, allora…”) o puzzle.
- Code generation non banale: ad esempio generazione di codice dove conviene suddividere il problema in parti (anche se esistono altre tecniche specifiche per codice).
- Pianificazione: ad es. chiedere al modello di fare un piano di progetto passo per passo.
Un caso reale aziendale: supponi di voler usare l’AI per analisi di dati testuali, tipo determinare se un cliente ha diritto a un reso in base a condizioni. Potresti dare come prompt: “Ecco i dettagli dell’ordine e le condizioni di reso. Ragiona passo passo se il cliente soddisfa ogni condizione, e alla fine dimmi se ha diritto al reso.”. Così ottieni un output strutturato in cui l’AI verifica ogni criterio uno per uno, invece di sputare un “Sì/No” non motivato.
In generale, ogni volta che vuoi che il modello non “salti alle conclusioni” ma verifichi attentamente vari elementi, considera il chain-of-thought. È come chiedere a un candidato di “mostrare il ragionamento” oltre a dare la risposta. Molto utile anche quando vuoi vedere la spiegazione insieme alla risposta, ad esempio in ambito educativo: “Spiegami come risolvere questo problema di fisica” – il CoT è perfetto perché l’AI enuncia i passaggi e in fondo dà il risultato.
Altre tecniche avanzate (step-back, ReAct, ecc.)
Oltre a quelle principali viste sopra, esistono altre tecniche di prompt engineering più avanzate, spesso oggetto di ricerca. Le citiamo brevemente per completezza:
- Step-back prompting: consiste nel far generare al modello una valutazione o riflessione sul proprio output prima di finalizzarlo. Ad esempio: “Fornisci la soluzione, poi verifica se soddisfa tutti i requisiti e correggila se necessario”. È un modo per indurre l’AI a ricontrollarsi.
- ReAct (Reason + Act): è una tecnica per agenti AI che combina chain-of-thought con azioni su un ambiente (come chiamare API, effettuare calcoli esterni). Il prompt in questo caso include un formato in cui l’AI prima “motiva” quale azione compiere (es. cercare su Google, eseguire un calcolo) e poi agisce. Serve per costruire agenti più autonomi che interagiscono con strumenti. Ad esempio: “Pensa al problema, poi scegli uno strumento e l’azione da fare, poi dammi la risposta.” Questo permette all’AI di dire “Ho bisogno di cercare X – [chiama ricerca] – Risultato: … – Quindi la risposta è Y.”. È avanzato e oltre lo scopo di questa guida, ma è bene sapere che esiste.
- Tree-of-Thoughts (ToT): evoluzione del CoT, dove invece di generare un singolo ragionamento lineare, il modello esplora diversi possibili ragionamenti come rami di un albero, valutandoli man mano e scegliendo il migliore. È un po’ come far brainstorming di più soluzioni e convergere su quella corretta. Anche questo è principalmente in ambito di ricerca per migliorare ulteriormente la capacità di problem solving degli LLM.
- Automatic Prompt Engineering: ovvero lasciare che sia l’AI stessa a ottimizzare i propri prompt attraverso iterazioni automatiche. Ci sono approcci dove un modello genera possibili prompt, un altro valuta i risultati, e si rifinisce in loop. Questo potrebbe portare in futuro a modelli che si adattano da soli alle esigenze dell’utente, ma al momento è sperimentale.
Questi metodi avanzati sono interessanti ma spesso non necessari nell’uso quotidiano per contenuti eCommerce o marketing. Tuttavia, conoscere le potenzialità ti dà un’idea di quanto è attivo questo campo di ricerca. Ad esempio, Google nel suo whitepaper discute sia ReAct che Tree-of-Thoughts come evoluzioni generali del CoT per permettere ai modelli di affrontare compiti sempre più complessi in modo strutturato.
Per ora, focalizziamoci sulle best practice concrete che possiamo applicare subito nei nostri prompt. Dopo aver visto “cosa possiamo far fare al prompt”, passiamo a “come scrivere al meglio il prompt” – che include un po’ tutte le tecniche qui apprese confezionate insieme.
Parametri di generazione: temperatura, top-k, top-p, ecc.
Oltre al testo del prompt in sé, quando interagiamo con un LLM (soprattutto via API o piattaforme avanzate) abbiamo spesso la possibilità di regolare alcuni parametri che influenzano l’output. I principali sono:
- Temperature (temperatura)
- Top-k
- Top-p (nucleus sampling)
- Max tokens (lunghezza massima di output)
- Stop sequences
Questi parametri non fanno parte del testo del prompt ma sono impostazioni che dicono al modello come scegliere le parole durante la generazione. Saperli impostare fa parte del prompt engineering allargato, perché possono fare la differenza tra un output stringato o verboso, tra un tono fantasioso o uno molto preciso e fattuale.
Vediamoli brevemente:
Temperatura
La temperature controlla il grado di casualità nelle scelte del modello. In termini semplici, è un valore numerico (tipicamente tra 0 e 1, ma alcuni sistemi permettono >1) che determina quanto l’AI è disposta a “rischiare” scegliendo parole meno prevedibili.
- Con temperature bassa (vicina a 0), l’AI tenderà a scegliere ogni volta il token più probabile dato il prompt (modalità deterministica o greedy). Ciò produce risposte più conservative, ripetibili: spesso sono corrette, ma possono risultare asciutte o poco creative. Ad esempio, con temperatura 0 su una domanda di conoscenza, il modello darà sempre la stessa risposta standard (utile per avere coerenza e affidabilità su compiti come estrazione di dati, Q&A tecnico, ecc.). OpenAI consiglia temperature zero per task dove serve la massima accuratezza fattuale e minime invenzioni (ad es. estrarre informazioni precise da un testo).
- Con temperature alta (vicina a 1), il modello sarà più imprevedibile: non sceglierà sempre la parola più probabile, ma a volte parole meno comuni, introducendo varietà. Questo tende a produrre output più creativi, originali, ma anche potenzialmente incoerenti o “folli” se troppo spinto. Temperature molto alte (>1) in alcuni sistemi portano a risultati quasi casuali e spesso non-sensati (perché tutte le opzioni vengono rese equiprobabili). Diciamo che tra 0.7 e 1 c’è la fascia tipicamente usata per avere buone risposte creative ma ancora sensate. Ad esempio, chiedendo di inventare una storia, a temp 0.2 la storia sarà molto banale e simile ogni volta, a temp 0.9 ogni generazione sarà diversa e più fantasiosa.
In sostanza, la temperatura è come un termostato della variabilità: bassa temperatura = risposte più uniformi e prevedibili, alta temperatura = risposte più diversificate e creative. Nel whitepaper di Google la spiegazione è che la temperatura regola la “randomness” nella selezione dei token: temperature 0 significa sempre scegliere il token con probabilità più alta (greedy decoding), temperature alte invece ampliano la gamma di token possibili rendendoli quasi equiprobabili.
Quando regolarla? Dipende dall’uso:
- Compiti creativi o brainstorming: aumenta la temperatura (es. 0.7-0.9) per ottenere output più vari. Se chiedi idee per slogan, con temp più alta ne avrai di più originali. Google suggerisce che per output creativi dove non c’è una singola risposta giusta conviene temperature alte.
- Compiti di precisione/fatti: abbassa la temperatura (0-0.3). Se stai generando codice, probabilmente vuoi temp bassa per evitare che inventi sintassi strambe. Per Q&A su conoscenze, temp bassa evita che “romanzi” troppo e lo spinge a restare conciso e aderente ai fatti noti.
- Esecuzioni replicabili: con temperature 0, ogni volta che usi lo stesso prompt otterrai (quasi sempre) la stessa risposta, utile per test e automazione dove vuoi consistenza. Con temperature >0, c’è una componente random e potresti avere risultati diversi ad ogni esecuzione.
Da notare: temperature interagisce con top-k e top-p. Se usi insieme questi parametri, il comportamento combinato diventa un po’ complesso (vedi oltre per spiegazione). In molti casi, puoi semplicemente gestire la creatività con la temperatura e lasciare top-k/p di default. OpenAI ad esempio spesso suggerisce di regolare temperatura e lasciare top-p = 1 (disattivato) per semplicità, oppure viceversa.
Top-k e top-p
Top-k e Top-p sono due parametri di campionamento che, come la temperatura, mirano a controllare la diversità dell’output limitando lo spazio di scelta dei token successivi. Si usano di solito in alternativa o insieme.
- Top-k: imposta un numero k e, ad ogni passo di generazione, il modello considererà solo i k token più probabili come possibili successivi. Se k=1, significa output completamente deterministico (sempre il più probabile, equivarente a temp=0 in pratica). Se k=10, il modello sceglierà il prossimo token solo tra le 10 opzioni con probabilità più alta, ignorando tutte le altre. Più alto è k, più possibilità creative rimangono. Un top-k molto alto, come 50 o 100, in pratica significa “non tagliare quasi nulla” (perché il vocabolario di un LLM può essere decine di migliaia di token). Quindi top-k serve soprattutto se vuoi forzare uscite molto restrittive: ad es. con k=1-2 avrai frasi iper prevedibili; con k=5 avrai un po’ di varietà ma ancora abbastanza focalizzata. Google nota che top-k basso produce output più ripetitivi/fattuali, top-k alto più vari e creativi.
- Top-p (nucleus sampling): imposta una probabilità cumulativa p. Il modello considererà per la scelta solo i token la cui somma di probabilità raggiunge p (come soglia). Esempio: con p=0.9, il modello considererà il gruppo di token più probabili la cui probabilità totale è il 90% (può essere i primi 5, oppure 20, a seconda della distribuzione). Il concetto: invece di un numero fisso di opzioni, sceglie un “nucleo” dei più probabili finché coprono p. Se p è basso (es. 0.1), significa “prendi in considerazione solo l’élite delle opzioni” (ancora una volta simile a deterministico); se p è 1 significa “considera tutti i token possibili” (nessun filtro). In pratica top-p 0.9 è un buon default per varietà moderata, top-p 0.5 sarebbe molto restrittivo.
Spesso top-p è preferito a top-k perché si adatta alla situazione: se la prossima parola è quasi certa (es. dopo “Parigi è la capitale di”), allora per arrivare a p=0.9 forse basta includere 2 token (“Francia” con 98% e magari “il” con 1% ecc.). Se invece c’è incertezza, il nucleo con 90% di prob potrebbe includere più opzioni. In altre parole, top-p è percentuale, top-k è quantitativo. Entrambi cercano di evitare che il modello scelga token con probabilità molto bassa (che potrebbero portare a frasi incoerenti).
In pratica, temperature, top-k e top-p tutti controllano randomness e diversità. Non è comune usare tutti e tre insieme, di solito si combina temperature + (top-p o top-k):
- Ad esempio, OpenAI API per ChatGPT usa di default top-p=1 (nessun nucleo, tutte opzioni) e tu regoli solo temperatura; oppure puoi mettere temperature=0.7 e top-p=0.8 e il risultato è una via di mezzo tra i due filtri.
- Google Vertex AI consente di impostarli tutti: se li setti contemporaneamente, funziona così – prima applica top-k/p per limitare i candidati, poi applica la temperatura per scegliere tra quelli. In generale se temperature=0, top-k/p diventano irrilevanti (perché non c’è random: prenderà sempre il top token). Viceversa, se top-k=1 o top-p molto basso, temperature influisce poco perché c’è poca scelta comunque.
Per scopi pratici:
- Se non vuoi impazzire, lascia top-p=1, top-k=0 (default, disattivati) e gioca solo con temperature.
- Se invece noti ripetitività o vuoi controllare la lunghezza, puoi agire con top-p: ad esempio, alcuni riducono top-p a ~0.9 per far sì che il modello non divaghi scegliendo token improbabili.
- Top-k può essere utile se vuoi limitare fortemente il vocabolario di scelta. In casi di generazione altamente controllata (tipo generare testo semplicissimo), potresti mettere top-k=5 e temperature bassina, così l’AI sceglierà tra poche parole comuni. Ma è un caso limite.
Sia top-k che top-p, se messi a valori estremi (k troppo basso o p troppo basso) possono causare output ripetitivi o tronchi. Un buon default è top-p ~0.9 (90%) che viene citato spesso come nucleus sampling standard.
Max tokens (lunghezza massima output)
Max tokens è più semplice: è il numero massimo di token che l’AI può generare in risposta. Non garantisce che li userà tutti, ma pone un limite. Ad esempio, se imposti max_tokens=50, il modello si fermerà entro 50 token anche se avrebbe avuto altro da dire.
È importante capire che non è un target di lunghezza, ma un tetto. Se vuoi forzare una lunghezza specifica, va indicato nel prompt stesso (“Rispondi in massimo 3 frasi” o “in 100 parole circa”), perché max_tokens evita di sforare ma non impedisce di terminare prima se il modello decide che ha finito.
Conviene settare max_tokens per evitare casi in cui l’AI va avanti troppo (magari iniziando a ripetersi). Nei casi d’uso eCommerce, potresti voler limitare la descrizione prodotto a, diciamo, 200 token. Oppure per un meta description, max 30 token. Questo è utile per controllare costi e lunghezza, specie su API a pagamento dove ogni token si paga.
Google lo include tra le best practice: controllare la lunghezza di output o con parametri o specificandolo nel prompt. Esempio: “Riassumi in una frase di lunghezza da tweet” è un prompt chiaro che guida la lunghezza. Oppure si può impostare max_tokens=20 come sicurezza.
Stop sequences
Le stop sequences (o caratteri di stop) sono uno strumento per far sì che l’AI smetta di generare quando incontra una certa stringa. Ad esempio, potresti dire al modello: “Stop se incontri ‘\n\n’” (doppio newline). Oppure in un formato domanda-risposta potresti mettere come stop la stringa “\nQ:” per farlo fermare prima che inizi un’altra domanda.
In contesti di chat e integrazioni, spesso si usano stop tokens per delimitare la risposta dell’AI ed evitare che inizi a impersonare di nuovo l’utente. Ad esempio, nell’API OpenAI puoi passare stop=[“\nUser:”], così quando il modello, completando la risposta, dovesse iniziare a dire “User: …” (tentando di continuare la conversazione), verrà troncato lì. Questo serve a tenere l’output confinato al ruolo assistant.
Per il content creator, gli stop non sono fondamentali, a meno di formattazioni particolari. Ad esempio, se fai generare del codice HTML e vuoi fermarlo prima che inizi un’altra sezione, potresti specificare uno stop dopo </html>
.
In generale, giocare con stop sequences è utile per chi sviluppa applicazioni con LLM, ma meno rilevante per un imprenditore che li usa direttamente per testi. Bastano i parametri sopra e un buon prompt.
Riepilogando i parametri: temperature governa la casualità (0 = deterministico, 1 = creativo), top-k/p restringono o allargano il ventaglio di scelta dei token, max_tokens limita la lunghezza, stop definisce dove fermarsi.
La scelta ottimale dipende dal caso d’uso. Un esempio di configurazione:
- Per una descrizione prodotto coerente: potremmo usare temperature medio-bassa (0.3-0.5) per evitare invenzioni strane, top-p 0.9 per un minimo di varietà lessicale, max_tokens adeguato (es. 150 token), stop se necessario dopo un certo marcatore.
- Per brainstorming di idee social: temperature alta (0.8) e magari no limit su lunghezza, per lasciare che butti giù tante idee.
- Per un chatbot di supporto: temperature bassa, così non si inventa risposte non verificate, e stop sequenze per evitare che esca dal ruolo.
Vale la pena sperimentare in un ambiente controllato (molte interfacce hanno slider per questi parametri). La guida di Google evidenzia che trovare il giusto mix di temperature, top-k, top-p e lunghezza è un esercizio di prova ed errore in base all’applicazione specifica. Non aver paura di fare diverse prove con valori diversi e vedere come cambia l’output – fa parte del lavoro del prompt engineer!
Ora che abbiamo visto sia le tecniche di scrittura del prompt sia i parametri di configurazione, siamo pronti a elencare una serie di best practice generali per creare prompt efficaci. Molte in realtà le abbiamo già coperte nei discorsi sopra, ma ricapitoliamole in un prontuario sintetico ispirato anche ai consigli ufficiali di Google e OpenAI.
Best practice per scrivere prompt efficaci
Mettere insieme tutto ciò che abbiamo appreso finora, possiamo stilare alcune regole d’oro del prompt engineering. Google nel suo whitepaper ne elenca diverse, e qui le adattiamo al nostro contesto imprenditoriale:
- Fornisci esempi nel prompt quando possibile – Come visto, i prompt one-shot/few-shot con esempi guidano il modello e migliorano accuratezza e formato. Anche un solo esempio rilevante può fare la differenza. Soprattutto per output strutturati (liste, JSON, ecc.) o compiti complessi, mostrare “ecco come dovrebbe essere il risultato” prima di chiedere la soluzione è altamente efficace.
- Mantieni il prompt semplice e specifico – “Design with simplicity”: evita lunghe premesse narrative che possono confondere l’AI. Meglio frasi brevi e dirette. Se una frase nel prompt non aggiunge niente di utile, toglila. Ad esempio, invece di “Ciao, vorrei tanto sapere se per caso potresti aiutarmi a trovare…”, scrivi direttamente “Elenca 5 opzioni per…”. Un prompt conciso e chiaro riduce il rischio di fraintendimenti e “hallucination” (risposte fuori contesto). Una buona pratica è iniziare il prompt con un verbo di azione che descrive l’obiettivo (Analizza, Genera, Spiega, Calcola…). Inoltre, se tu stesso rileggi il prompt e lo trovi poco chiaro, certamente lo sarà anche per il modello. Taglia il superfluo e vai dritto al punto.
- Sii specifico su output desiderato – Dichiarare esplicitamente come vuoi che sia l’output aiuta moltissimo il modello. Indica il formato (es. “in formato JSON”, “in 3 paragrafi brevi”), il tono (“in tono professionale ma amichevole”), la lunghezza (“max 200 parole”), eventuali punti da coprire. Esempio: “Scrivi un post blog di 3 paragrafi sui 5 migliori videogame console. Il post deve essere informativo e coinvolgente, scritto in tono conversazionale.” è molto più chiaro di “Parlami delle console.”. Se lasci libertà totale, rischi output o troppo stringati o fuori fuoco. Definisci quello che vuoi (ciò che il modello deve fare) più che quello che non vuoi – vedi punto seguente.
- Dai istruzioni positive invece di vietare – Invece di riempire il prompt di “non fare questo, non dire quello”, è meglio dire chiaramente cosa deve fare l’AI. Ad esempio, invece di: “Non menzionare concorrenti né fare affermazioni non verificate.”, si può dire: “Concentrati solo sui nostri prodotti e usa solo dati confermati.”. L’AI gestisce meglio istruzioni costruttive. Google afferma che istruzioni positive in genere sono più efficaci di lunghe liste di vincoli su cosa non fare, che potrebbero confondere il modello. I vincoli (“constraints”) vanno usati solo se necessari (es. per bloccare contenuti vietati), ma per la maggior parte dei casi conviene formulare tutto in positivo. Un esempio dal whitepaper:
- DO (istruzione positiva): “Genera un post di 1 paragrafo sui top 5 videogame, includendo solo: la console, l’azienda che l’ha prodotta, l’anno di uscita e le vendite totali.”
- DON’T (solo vincoli): “Genera un post di 1 paragrafo sui top 5 videogame. Non elencare i nomi dei videogame.”.
Nel primo caso abbiamo detto attivamente cosa vogliamo che includa (campi specifici), nel secondo abbiamo solo detto una cosa da non fare (non listare i nomi) ma l’AI resta con dubbi su cosa fare invece. La regola è: invece di dire solo cosa evitare, specifica cosa fare al suo posto. Ciò evita confusione e migliora l’accuratezza del risultato.
- Controlla la lunghezza dell’output – Se il risultato deve avere una certa estensione, comunicalo. Puoi farlo in due modi: tramite prompt (ad es. “in una frase”, “massimo 100 parole”, “circa 2 paragrafi”) e/o tramite parametri (impostando un max_tokens ragionevole). Non lasciare implicito ciò che è esplicito per te. Spesso aggiungere frasi come “riassumi in uno stile tweet” o “fornisci una risposta breve” aiuta il modello a tarare la lunghezza. In ambito SEO, ad esempio, per meta description chiederemo 150 caratteri al massimo. Per un articolo blog, potremmo dire “testo lungo e approfondito, oltre 1500 parole” – il modello tenterà di avvicinarsi a quella lunghezza (nei limiti). Se invece non diamo indicazioni, l’AI di default potrebbe dare risposte di media lunghezza che magari non soddisfano né l’una né l’altra esigenza. Ricorda: il modello tende a finir presto se pensa di aver risposto, quindi se vuoi dettagli, chiedi esplicitamente di fornire dettagli, esempi, ecc.
- Usa variabili/placeholder per prompt riutilizzabili – Questo consiglio è per quando inizierai ad automatizzare. Se hai un formato di prompt che funziona, generalizzalo introducendo variabili al posto dei dati specifici. Ad esempio, hai messo a punto un ottimo prompt per descrizione prodotto per una scarpa Nike; potresti scriverlo come template: “Sei un copywriter esperto di moda sportiva. Descrivi il prodotto {nome_prodotto} enfatizzando {caratteristiche}. Tonalità {tonalita}.” e poi, per ogni prodotto, sostituire {nome_prodotto}, {caratteristiche}, {tonalita} con i valori corretti. In questo modo non devi riscrivere da zero ogni volta e mantieni consistenza. Google evidenzia che l’uso di variabili nei prompt è fondamentale per scalare in produzione: ti permette di evitare ripetizioni e di gestire parametri in input in modo ordinato. Nel whitepaper fanno un esempio con una variabile {city} in un prompt generico da travel guide, mostrando come risparmiare tempo su prompt ripetitivi. Quindi, man mano che individui pattern efficaci, trasformali in template con slot da riempire. Questo tra l’altro riduce errori: se cambi il prompt, aggiorni il template in un punto solo invece di dover ricordare di cambiare ovunque.
- Sperimenta con stili di prompt diversi – Non esiste un unico modo giusto di chiedere le cose. A volte formulare la stessa richiesta come domanda, comando o affermazione può portare a sfumature diverse di risposta. Esempio (citato anche da Google):
- Domanda: “Cos’era il Sega Dreamcast e perché fu così rivoluzionario?”
- Affermazione: “La console Sega Dreamcast fu rivoluzionaria perché …” (lasciando che l’AI completi)
- Istruzione: “Scrivi un paragrafo sul Sega Dreamcast spiegando perché era rivoluzionario.”.
Ogni forma può produrre output differente. Quando hai tempo, prova vari approcci: magari scopri che uno stile interrogativo porta l’AI a una risposta più discorsiva, mentre la modalità comando produce un testo più strutturato. Questo è particolarmente utile per compiti aperti. Anche cambiare una parola chiave nel prompt può influire: “spiega” vs “descrivi” vs “racconta” – il modello potrebbe interpretare diversamente il tono. Quindi non temere di “mixare” e iterare vari stili e formulazioni finché trovi quella che dà il risultato migliore e più stabile.
- Aggiorna i prompt se cambiano i modelli – Quello che funziona oggi su GPT-3.5 potrebbe non funzionare identico su GPT-4 o su Gemini di Google, e viceversa. I modelli evolvono: nuovi dati, diverse capacità, anche piccoli cambi nel modo in cui interpretano i prompt. È buona pratica considerare i prompt come componenti versionabili del tuo sistema. Quando esce un modello migliore, testali e vedi se devi adattare qualcosa. Google consiglia di tenere traccia delle versioni dei prompt e avere un processo di test quando si aggiorna il modello, un po’ come faresti con il codice software. Ad esempio, potresti scoprire che un prompt prolisso che serviva su un vecchio modello può essere snellito su uno più nuovo perché quest’ultimo comprende di più con meno. Oppure, se un modello diventa più rigido su certe regole (magari il tuo prompt borderline ora attiva un filtro di policy), dovrai riformularlo. Insomma, non incastonare nella pietra i prompt: rivedili periodicamente e ottimizzali per le nuove versioni di modello disponibili.
- Documenta e versiona i tuoi prompt “buoni” – Collegato al punto sopra: man mano che sviluppi prompt efficaci per i vari casi d’uso, annotali, magari con commenti su cosa fanno e perché sono scritti in un certo modo. Questo è utile se lavori in team (così altri capiscono come usarli) ma anche per te stesso, per ricordare in futuro. Alcune aziende ora hanno veri e propri repository di prompt. Strumenti come il Vertex AI Studio di Google o prompt management tools permettono di salvare e testare prompt differenti facilmente. Anche se sei da solo, puoi tenere un semplice documento con i tuoi “prompt template” più riusciti, da riutilizzare all’occorrenza. Considera i prompt come asset aziendali: un ottimo prompt per newsletter, uno per descrizioni prodotto, uno per risposte ai clienti… costituiscono una libreria preziosa.
Seguendo queste best practice, sarai già a buon punto nell’ottenere risultati di qualità dai modelli AI. In effetti, molte di queste regole vengono proprio dall’esperienza accumulata da giganti tech attraverso migliaia di esperimenti. Ad esempio, Google ha mostrato come applicando queste linee guida (esempi nel prompt, istruzioni chiare, output specificato, ecc.) su vari domini (dal code generation all’analisi sentiment) si risparmia moltissimo tempo di tentativi e si migliora la qualità al primo colpo.
Ricorda però che il prompt engineering resta un processo creativo e iterattivo: a volte dovrai infrangere le regole o adattarle al caso particolare. Prendi questi punti come un kit di attrezzi: usali intelligentemente sapendo cosa ciascuno fa.
Ora, con tutte queste nozioni in mente, spostiamoci sul terreno concreto: come applicare il prompt engineering alle esigenze degli imprenditori digitali. Nei prossimi paragrafi esploriamo vari casi d’uso pratici – migliorare descrizioni di prodotto, creare contenuti SEO, realizzare chatbot, ecc. – e vediamo come costruire prompt efficaci per ciascuno, riportando esempi e risultati possibili.
Casi d’uso del Prompt Engineering
Dopo tanta teoria, passiamo alla pratica su casi reali che tipicamente interessano chi gestisce un business online. Il prompt engineering può diventare una marcia in più in numerosi aspetti operativi e strategici. Qui tratteremo alcuni esempi chiave:
- Ottimizzazione delle descrizioni prodotto in ambito eCommerce.
- Generazione di contenuti per blog e copywriting marketing.
- Supporto alla SEO on-page (tag, meta description, contenuti ottimizzati).
- Chatbot e assistenti virtuali per siti e piattaforme.
- Automazione del servizio clienti (email, ticketing, FAQ con AI).
Per ognuno, vedremo quali prompt e tecniche impiegare e cosa si può ottenere in concreto. Inoltre, daremo uno sguardo a come grandi aziende stanno già adottando l’AI generativa in questi campi, a conferma che non parliamo di fantascienza ma di opportunità attuali.
Descrizioni di prodotto più efficaci
Le schede prodotto di un eCommerce sono un elemento cruciale: descrizioni ben scritte migliorano la percezione del valore, aumentano le conversioni e contribuiscono anche alla SEO (contenuti unici, parole chiave pertinenti). Scrivere manualmente centinaia di descrizioni però è oneroso. Entra in gioco il prompt engineering: con i giusti prompt, puoi generare bozze di descrizioni prodotto che poi rifinisci, riducendo drasticamente il tempo richiesto.
Ad esempio, Amazon ha introdotto a fine 2023 uno strumento basato su AI generativa che aiuta i venditori a scrivere descrizioni e titoli di prodotto automaticamente. Forniscono qualche parola sul prodotto e l’AI genera un testo dettagliato e convincente, che il venditore può eventualmente modificare prima di pubblicare. Lo scopo dichiarato da Amazon è proprio far creare listing più completi e accattivanti con meno sforzo per i seller, migliorando così l’esperienza d’acquisto dei clienti. Se persino Amazon, con tutta la sua mole di prodotti, punta su questo, è un segnale chiaro: conviene sfruttare l’AI per le descrizioni! (sempre con la giusta revisione di un esperto SEO)
Come fare in pratica? Supponiamo tu abbia un negozio online di elettronica. Vuoi descrivere un nuovo modello di smartphone. Disponi dei dati tecnici (specifiche) e di qualche punto di forza unico (es. fotocamera potenziata, ricarica ultraveloce). Un possibile prompt potrebbe essere:
Sei un copywriter esperto di elettronica di consumo.
Devi scrivere una descrizione prodotto per uno smartphone chiamato "SuperPhone X".
**Caratteristiche principali:** schermo 6.5" OLED, fotocamera 108MP, batteria 5000mAh con ricarica rapida 65W, 128GB memoria.
**Tono:** convincente ma sincero, rivolto a un pubblico giovane e tech-savvy.
Evidenzia i benefici delle specifiche (es. la batteria dura a lungo e la ricarica è velocissima).
Includi anche un accenno alla garanzia estesa e disponibilità di colori.
Vediamo cosa abbiamo fatto:
- Ruolo e contesto: abbiamo detto all’AI di essere un copywriter esperto in elettronica (sa il gergo, il tono giusto).
- Info di prodotto strutturate: elenchiamo le specifiche chiave che deve utilizzare.
- Indicazioni di stile e pubblico: tono convincente, target giovane e smanettone, quindi il linguaggio può essere informale ma entusiasta.
- Cosa enfatizzare: benefici delle specifiche (trasformare caratteristiche in vantaggi per l’utente) e altri elementi da non dimenticare (garanzia, colori).
Un output atteso potrebbe essere:
SuperPhone X – Potenza e innovazione a portata di mano
Preparati a rivoluzionare il tuo modo di vivere lo smartphone. SuperPhone X offre un’esperienza visiva straordinaria grazie al display OLED da 6.5″ dai colori vividi e neri profondi. Scatta foto incredibilmente dettagliate con la fotocamera da 108 MP – ogni momento diventa una storia in alta definizione. La batteria da 5000 mAh ti accompagna per tutta la giornata intensa e oltre, e quando hai bisogno di energia al volo la ricarica rapida 65W ti dà ore di autonomia in pochi minuti. Niente più attese snervanti!
Con 128 GB di memoria, hai spazio in abbondanza per app, foto e video, senza compromessi. SuperPhone X arriva con un design elegante disponibile in vari colori (rosso, blu e nero) per adattarsi al tuo stile. E grazie alla garanzia estesa di 2 anni inclusa, puoi usare il tuo nuovo SuperPhone in totale serenità.
Perché sceglierlo? SuperPhone X unisce prestazioni top di gamma e praticità quotidiana: dallo streaming ultra fluido alle sessioni di gaming mobile, tutto scorre senza intoppi. Questo smartphone è pensato per chi, come te, vuole il massimo dalla tecnologia – velocità, qualità e affidabilità – racchiusi in un unico dispositivo. Mettiti in tasca il futuro con SuperPhone X!
Questo testo tocca tutti i punti richiesti: caratteristiche tradotte in benefici (fotocamera 108MP -> foto dettagliate; 5000mAh + 65W -> dura tanto e si ricarica in pochi minuti), tono energico e positivo, menzione dei colori e garanzia. Notiamo come l’AI ha ampliato e collegato le informazioni aggiungendo frasi persuasive.
L’AI può davvero arrivare a questo livello con il giusto prompt? Sì, modelli avanzati come GPT-4 o i modelli di nuova generazione di Google (Gemini) possono produrre descrizioni del genere. Magari servirà qualche iterazione per correggere eventuali errori (es. controllare che non inventi specifiche non date), ma il grosso del lavoro creativo viene fatto. Già con GPT-3.5 molti utenti generavano descrizioni prodotto basandosi su bullet point di input. Ora la qualità è ulteriormente migliorata.
Un trucco: se vuoi assicurarti che l’AI non ometta nulla, puoi strutturare il prompt in modo quasi tabellare o analitico. Per esempio:
Scrivi una descrizione per il prodotto X seguendo questa struttura:
1. **Introdurre il prodotto** con una frase accattivante.
2. **Caratteristiche chiave e benefici**:
- Schermo 6.5" OLED -> colori vividi e nero profondo.
- Fotocamera 108MP -> foto ultra dettagliate.
- Batteria 5000mAh + 65W -> lunga durata e ricarica in 30 minuti.
- Memoria 128GB -> spazio per tutti i contenuti.
3. **Design e varianti**: menziona i colori disponibili.
4. **Garanzia**: 2 anni inclusa.
5. **Invito finale**: frase che incoraggia all'acquisto (es. "Pronto a...").
In questo modo praticamente stai pre-disegnando l’outline e l’AI lo riempirà. È un approccio più direttivo ma garantisce copertura completa.
Un altro esempio di prompt (più breve) per scheda prodotto SEO-friendly:
Genera una descrizione accattivante (120-150 parole) per la scheda prodotto "Felpa Hoodie Zebra".
Usa un tono giovanile e creativo.
Includi queste *keyword SEO*: felpa con cappuccio, stile streetwear, cotone biologico, unisex.
Evidenzia: tessuto di qualità, comfort e stampa zebra originale.
Qui abbiamo integrato direttamente le parole chiave SEO che vogliamo compaiano nel testo (felpa con cappuccio, streetwear, ecc.). Il modello le inserirà in modo naturale, aiutandoci a creare un contenuto ottimizzato per i motori di ricerca senza dover forzare in un secondo momento.
Risultati attesi e benefici: In definitiva, usando prompt ben fatti per descrizioni prodotto, un imprenditore può:
- Generare molteplici variazioni e scegliere la migliore. Ad esempio, chiedi 2-3 versioni leggermente diverse se vuoi test A/B di copy.
- Personalizzare il tono per il proprio brand: basta specificarlo nel prompt (es. “tono luxury ed elegante” vs “tono divertente e giovanile”).
- Aggiornare rapidamente schede con nuove info: se cambia una specifica, rigeneri solo il paragrafo interessato usando il contesto aggiornato.
- Avere testi originali per ogni prodotto evitando duplicazione (che penalizza SEO). L’AI con temperature moderate può dare abbastanza variazione.
- Risparmiare tempo: magari prima impiegavi 30 minuti a descrizione, ora in 5 minuti hai una bozza da rifinire. Su decine di prodotti, sono ore risparmiate.
Un case study reale: Amazon ha dichiarato che grazie alle nuove capacità di generative AI, i venditori riescono a creare titoli e bullet point di prodotto molto più completi con uno sforzo minimo. E contenuti migliori aiutano i clienti a prendere decisioni più informate, aumentando vendite e riducendo resi. Anche senza i tool di Amazon, tu puoi replicare questa strategia con i modelli a tua disposizione (ChatGPT, Bing Chat, Google Bard, ecc. – tutti possono fare generazione di testo).
Importante: rivedi sempre il testo generato prima di pubblicarlo. Anche con un prompt dettagliato, l’AI può sbagliare qualche dato (es. confondere un valore) o usare formulazioni che vuoi aggiustare. Il prompt engineering riduce il lavoro, ma l’occhio umano finale è fondamentale per garantire accuratezza e adeguatezza al 100%. In ottica collaborazione, tu e l’AI potete raggiungere un risultato ottimale: lei fornisce la bozza ricca e creativa, tu la verifichi e la adatti allo stile definitivo.
Generazione di testi per blog e copywriting
Passiamo a un altro settore cruciale: la creazione di contenuti per il blog aziendale o per campagne di content marketing. Qui il prompt engineering può supportarti in vari modi: dalla brainstorming di idee alla stesura di bozze di articoli, dalla generazione di headline accattivanti fino a call-to-action efficaci.
L’obiettivo tipicamente è creare contenuti di qualità che attirino traffico (SEO) e coinvolgano i lettori, senza dover passare ore davanti al foglio bianco. Un buon LLM può fungere da “coautore” veloce, purché guidato bene.
1. Brainstorming e outline di articoli: Spesso la parte difficile è trovare l’argomento giusto o strutturare l’articolo. Puoi usare prompt come:
- “Genera 5 idee di articoli blog per il mio negozio di arredamento, incentrate su consigli di design per piccoli spazi.” – Otterrai titoli/idee (es. “5 trucchi salvaspazio per arredare un monolocale” ecc.).
- “Crea un outline dettagliato per un articolo intitolato ‘Come scegliere il miglior materasso – Guida per principianti’. ” – L’AI potrebbe rispondere con una scaletta: Introduzione (importanza del sonno), Sezione1 (tipi di materassi: memory, lattice, molle), Sezione2 (fattori da considerare: rigidità, posizione sonno,…), ecc. Questo outline poi tu (o l’AI stessa) lo riempirai.
Dare indicazioni nel prompt su pubblico e obiettivo dell’articolo aiuta. Esempio:
Genera una scaletta (outline) per un articolo blog di ~1500 parole sull'argomento "SEO per principianti".
Target: imprenditori digitali che non conoscono la SEO.
L'obiettivo è spiegare concetti base (cos'è la SEO, perché è importante) e dare 5 consigli pratici iniziali.
L’output potrebbe elencare: Introduzione (definizione SEO), 1. Importanza della SEO per un sito web, 2. Ricerca delle parole chiave, 3. Ottimizzazione on-page (titoli, meta, contenuto), 4. Importanza dei contenuti di qualità, 5. SEO tecnica base (velocità sito, mobile), 6. Link building concetti base, Conclusione (prossimi passi). Perfetto per iniziare a scrivere.
2. Stesura di paragrafi o sezioni: Una volta che hai la struttura, puoi far generare all’AI singole sezioni seguendo il prompt. Ad esempio, avendo la scaletta sopra, potresti fare:
Scrivi il paragrafo introduttivo per l'articolo "SEO per principianti: 5 consigli per iniziare".
Spiega cos'è la SEO in modo semplice e invoglia a leggere il resto, rivolgendoti direttamente all'imprenditore che non ha esperienza in materia.
Poi:
Scrivi la sezione "Ricerca delle parole chiave" (circa 2 paragrafi).
Spiega cos'è una keyword, come trovare parole chiave adatte (menziona strumenti gratuiti se possibile) e perché è importante scegliere le keyword giuste.
E così via per ogni sezione. In questo modo ottieni un articolo completo pezzo per pezzo, con coerenza (specialmente se nel prompt mantieni il contesto di titolo/obiettivo).
In alternativa, puoi provare a far scrivere l’intero articolo in un colpo solo:
Sei un esperto SEO che spiega concetti ai principianti.
Scrivi un articolo completo di circa 1500 parole intitolato "SEO per principianti: 5 consigli per iniziare a posizionare il tuo sito".
L'articolo deve includere: introduzione (cos'è la SEO e perché conta), i 5 consigli (ognuno come sottotitolo e spiegazione dettagliata con esempi), e una conclusione motivante.
Tono: informale e incoraggiante, non troppo tecnico.
Usa elenchi puntati se opportuno per rendere chiari i consigli.
Modelli avanzati come GPT-4 potrebbero generare qualcosa di abbastanza ben organizzato seguendo queste istruzioni (anche se 1500 parole potrebbero richiedere più prompt o un prompt lungo, c’è il rischio che tagli, ma si può fare in due step: prima metà e seconda metà, ad esempio).
3. Ottimizzazione SEO dei testi generati: Un aspetto importante – e una preoccupazione comune – è la SEO. Se generi contenuti con l’AI, come assicurarsi che siano SEO-friendly? Il trucco sta nel prompt: includi parole chiave e indica di tenerne conto. Come fatto nell’esempio della felpa, puoi elencare 4-5 keyword da includere. L’AI cercherà di inserirle naturalmente. Inoltre puoi chiedere “includi una sezione FAQ” (utile per SEO in page, poiché Google spesso mostra domande/risposte). La generativa può creare 2-3 domande frequenti con relative risposte integrate nell’articolo.
Ad esempio, per l’articolo SEO:
Assicurati di includere nel testo le seguenti parole chiave almeno una volta ciascuna: "ottimizzazione per i motori di ricerca", "strategie SEO base", "contenuti di qualità", "posizionamento Google".
In coda all'articolo, aggiungi una breve sezione FAQ con 2 domande comuni dei
... (continua dall'esempio di prompt SEO) ...
Assicurati di includere nel testo le seguenti parole chiave almeno una volta ciascuna: “ottimizzazione per i motori di ricerca”, “strategie SEO base”, “contenuti di qualità”, “posizionamento Google”. In coda all’articolo, aggiungi una breve sezione FAQ con 2 domande comuni (e relative risposte concise) che un principiante farebbe sulla SEO.
Così il modello saprà integrare le keyword SEO richieste in modo naturale e aggiungere magari un box “Domande frequenti” utile sia per gli utenti sia per i rich snippet di Google. Ad esempio, potrebbe generare alla fine del pezzo una FAQ tipo: **Domanda:** "La SEO è gratuita?" **Risposta:** "Sì, ottimizzare un sito non ha un costo diretto..." ecc.
**Qualità e originalità:** Un timore diffuso è "*Ma Google penalizzerà i contenuti generati da AI?*".
Secondo le linee guida ufficiali di Google Search, **l’uso appropriato dell’AI non è contro le policy**, a patto che il contenuto sia pensato per aiutare gli utenti e non per manipolare il ranking. In altre parole, se il risultato finale è utile, originale, di qualità e soddisfa l’intento dell’utente, Google non si cura che l’abbia scritto un umano o un LLM. Dunque la chiave è: tramite il prompt engineering, assicurati che il contenuto generato sia effettivamente valido e “people-first” (ovvero scritto pensando alle esigenze del lettore, non solo a riempire parole chiave). Puoi poi migliorarlo tu aggiungendo il tuo *expertise* (es. esperienze concrete, dati unici) – questo lo renderà ancora più originale e con fattore E-E-A-T (Competenza, Esperienza, Autorevolezza, Affidabilità).
In sintesi, per il **content marketing** l’AI può essere un acceleratore pazzesco: abbozzi di articoli in minuti, idee fresche quando sei a corto di ispirazione, testi ottimizzati da rifinire con la tua voce. Molti creator già utilizzano ChatGPT o simili per queste attività. La differenza la fa *come gli chiedi le cose*: e qui torna il prompt engineering. Un ottimo prompt può farti passare da un articolo generico e superficiale a un articolo ben strutturato e interessante, praticamente pronto alla pubblicazione dopo un editing leggero.
Ottimizzazione SEO on-page con l’AI
Oltre a generare testi interi, l’AI può aiutare in vari micro-compiti legati alla SEO on-page, sempre guidata da prompt ad hoc. Alcuni esempi utili per un imprenditore:
– **Creazione di meta tag**: Title tag e meta description. Un prompt come *“Genera un meta title accattivante (max 60 caratteri) e una meta description (max 155 caratteri) per la pagina che vende {prodotto}, enfatizzando {beneficio} e includendo la keyword principale ‘{keyword}’.”* può restituire proposte valide. Esempio: *Prodotto:* “Tapis Roulant XY”, *beneficio:* “allenarsi a casa”, *keyword:* “tapis roulant pieghevole”. L’AI potrebbe proporre un meta title tipo: “Tapis Roulant XY – Fitness a casa tua (pieghevole e salvaspazio)” e una meta description di 155 caratteri contenente le parole chiave e un invito all’azione. Questo evita meta tag generici e ti dà un punto di partenza ottimizzato.
– **Riorganizzare contenuti esistenti in ottica SEO**: Se hai un testo scritto ma vuoi migliorarne la leggibilità o aggiungere keyword secondarie, puoi passarlo nel prompt: *“Ecco un paragrafo del nostro sito: ‘{testo}’. Riscrivilo includendo la parola chiave ‘{keyword}’ e suddividendo in frasi più brevi se necessario per chiarezza, mantenendo lo stesso significato.”*. L’AI restituirà il paragrafo ottimizzato. Questo è utile ad esempio per includere sinonimi o variazioni (LSI keywords) senza stravolgere il testo.
– **Generazione di contenuti per pagine categorizzate**: Molti siti eCommerce hanno pagine di categoria spesso povere di testo (che però servirebbe per SEO). Puoi usare l’AI per creare un breve testo introduttivo per una categoria. Prompt: *“Scrivi un breve testo introduttivo (100 parole) per la categoria ‘Sneakers Uomo’. Usa un tono esperto di moda, includi le parole ‘sneakers uomo’, ‘scarpe da ginnastica’, ‘stile casual’.”*. Otterrai un paragrafo che potresti mettere in cima o fondo pagina per aggiungere rilevanza semantica.
– **Schema Markup (FAQ)**: Se vuoi implementare il markup FAQ schema sul sito, puoi far generare all’AI Q&A pertinenti come abbiamo fatto prima e poi tu li converti in formato JSON-LD. Oppure con plugin potresti inserire direttamente le Q&A testuali.
– **Verifica di checklist SEO**: Puoi anche usare l’AI per farti da promemoria: *“Analizza il seguente testo e dimmi se: 1) contiene la keyword principale ‘X’; 2) la keyword è presente nel primo paragrafo; 3) ci sono H2 con varianti della keyword; 4) la lunghezza è superiore a 800 parole.”*. L’AI risponderà punto per punto. Non è infallibile al 100% (es. contare parole esatte può sbagliare), ma per un controllo veloce può andare.
Un grande vantaggio nell’uso di AI per SEO on-page è la **coerenza**: puoi definire linee guida e applicarle su larga scala. Ad esempio, potresti creare un *template di prompt* per tutte le pagine prodotto: generare titolo SEO, description, 3 bullet point di key selling points con le giuste keyword. Poi dare in pasto un listino di prodotti (magari via API/script) e ottenere meta tag per tutti in pochi minuti. Chiaramente vanno supervisionati, ma è un risparmio notevole di tempo rispetto a scriverli uno a uno.
Un aspetto da monitorare è che i contenuti siano davvero utili e non solo infarciti di keyword. Google premia la qualità e l’utilità, come detto. Quindi anche per SEO, usa l’AI per **arricchire** la pagina di informazioni rilevanti e ben scritte. Ad esempio, se vendi un prodotto tecnico, un paragrafo generato dall’AI che ne spiega l’uso o la compatibilità non solo aggiunge testo per SEO, ma è anche utile al visitatore indeciso. Questo è il modo migliore di usare l’AI in ottica SEO: *migliorare la UX e i contenuti, oltre che i ranking*.
Inoltre, l’AI può aiutarti a **trovare idee di contenuti complementari**: supponi di avere una pagina “Servizi di Web Design”. Potresti chiedere: *“Quali argomenti correlati potrei trattare nella pagina di servizi di web design per renderla più completa e rilevante?”*. L’AI potrebbe suggerire: “Processo di sviluppo”, “Portfolio di progetti”, “Testimonianze clienti”, “Domande frequenti su tempistiche e costi”. Questo ti dà spunti per arricchire la pagina con sezioni che piacciono sia agli utenti (informative) sia a Google (più contenuto tematico => più rilevanza).
Prima di passare oltre, vale la pena ribadire: la SEO è un campo dove bisogna unire la **creatività** (contenuti interessanti) con la **disciplina** (rispettare alcuni criteri tecnici). Il prompt engineering permette di inculcare al modello questi criteri tecnici (includi keyword X, lunghezza Y, struttura Z) senza sacrificare troppo la creatività (perché l’AI genererà comunque frasi variate e spesso troverà modi eleganti di inserire le parole chiave). Questa sinergia ben gestita può darti un vantaggio notevole nel produrre contenuti ottimizzati in quantità.
### Chatbot intelligenti e assistenti virtuali
Uno dei casi d’uso più immediati per chi ha un sito o eCommerce è implementare un **chatbot** che risponda ai visitatori, fornendo informazioni su prodotti, assistenza pre-vendita, o anche post-vendita base. I moderni LLM hanno reso i chatbot molto più sofisticati rispetto alle vecchie chatbot a regole: possono comprendere linguaggio naturale e rispondere in modo colloquiale. Tuttavia, per avere un chatbot efficace e *in linea con il tuo business*, devi “formarlo” tramite prompt engineering.
**Prompt di base di un chatbot:** Quando configuri un assistente AI (es. usando l’API di OpenAI in modalità chat, o soluzioni come Dialogflow, etc.), di solito imposti un prompt di sistema iniziale. Questo definirà il ruolo del bot. Esempio:
Tu sei ShopBot, l’assistente virtuale del sito MioShop.com. Il tuo compito è aiutare gli utenti rispondendo alle loro domande su prodotti, ordini e assistenza. Fornisci risposte cordiali, brevi e utili. Se non sai qualcosa, invita l’utente a contattare il servizio clienti umano. Non fornire mai informazioni false. Non uscire dal ruolo di assistente shopping.
Queste poche righe, date come system message, fanno sì che il chatbot mantenga un certo tono (cordiale, sintetico), e capisca i confini (se la domanda è fuori contesto, non improvvisa). In particolare, dire “non fornire info false” e “se non sai, passa la palla” è importante per evitare le famigerate allucinazioni – il bot deve sapersi fermare.
Poi durante la chat, ogni input utente verrà combinato con questo contesto di sistema e il bot genererà la risposta. Se usi una piattaforma come Google Dialogflow CX con integrazione di generative AI, configurerai qualcosa di simile.
Esempi di prompt per diverse situazioni in chat:
- Domande su prodotti: ad esempio l’utente chiede “Avete scarpe running numero 45 per pronatori?”. Se hai fornito al bot accesso al catalogo o almeno alle categorie, idealmente vorresti che risponda: “Certamente! Abbiamo diversi modelli di scarpe da running stabili (per pronatori) nel numero 45. Ad esempio, le XYZ Runner Pro. Vuoi maggiori dettagli su questo modello?”. Per farlo, potresti aver inserito come contesto anche elenchi di prodotti o far fare chiamate a una ricerca interna (questo esula dal semplice prompt engineering base e rientra nelle integrazioni tool). Ma anche solo con dati statici nel prompt (es. elenco di top 10 prodotti con loro caratteristiche), l’AI può rispondere a molte domande comuni.
- Politiche e informazioni fisse: puoi mettere nel prompt di sistema o come materiale di riferimento le politiche di reso, spedizione, orari del negozio, eccetera. Così il bot risponderà con precisione: “Il nostro negozio accetta resi entro 30 giorni dall’acquisto. Puoi avviare la procedura dalla tua area personale. La spedizione è gratuita per resi approvati.”
- Stile e tono: se il tuo brand ha un’identità, includila. Esempio: “Tono: amichevole e scherzoso, usa emoji se appropriato, dà del tu al cliente.” Allora quando l’utente chiederà “Ciao, che orari avete oggi?”, la risposta magari sarà: “Ciao! 😊 Oggi il negozio è aperto dalle 9:00 alle 18:00. Ti aspettiamo!”.
- Limitazioni: se non vuoi che il bot dia consigli medici, lo specifichi. Se vendi integratori ma il bot non deve fare affermazioni sulla salute, scrivi: “Non fornire consigli medici o affermazioni sui benefici per la salute, invita a consultare un medico se necessario.”
Tutto questo rientra nel prompt engineering per chatbots: definire bene chi è il bot, cosa sa, come lo dice e cosa NON deve dire. Più sei chiaro in queste istruzioni, migliore sarà la consistenza e l’affidabilità delle sue risposte.
Integrando conoscenza specifica: mentre un modello generico può gestire domande di carattere generale, per far sì che il chatbot risponda su dettagli specifici (es. “questo laptop ha quanti ingressi USB?”), devi fornirgli i dati. Ci sono soluzioni come documenti di conoscenza o “injection” di informazioni nei prompt contestuali. Ad esempio, usando la chat GPT-4 con plugin o la funzione di “knowledge base” in certe piattaforme, puoi far sì che prima di rispondere cerchi nel tuo catalogo. In assenza di ciò, puoi almeno caricare un sunto di info importanti nel prompt (anche se c’è il limite di token).
Una soluzione semplice è predisporre FAQ integrate nel prompt di sistema: ad esempio, inserisci 10 domande e risposte più frequenti (es. “D: Quali sono i tempi di consegna? R: 24/48h con corriere espresso. D: Fate spedizioni all’estero? R: Sì, in UE con costi X. …”). Queste fungeranno da esempi e il bot tenderà a replicare lo stile e ad avere già pronte quelle risposte se richieste.
Le aziende stanno già implementando tali agenti. Ad esempio Mercedes Benz ha infuso un assistente di vendita AI nel suo eCommerce, così da guidare i clienti online come farebbe un venditore in concessionaria. Oppure Capgemini sta creando agenti AI per retailer che aiutano i clienti a effettuare ordini e velocizzare i processi di vendita. Questi agenti sono probabilmente alimentati da modelli come GPT ma con prompting e dati specifici dell’azienda, esattamente come stiamo descrivendo.
Per un imprenditore, un chatbot AI ben fatto può:
- Migliorare il servizio clienti immediato: risponde 24/7 a domande base, riducendo contatti umani su cose ripetitive.
- Aumentare le conversioni: un cliente indeciso ottiene subito info su un prodotto o promozione e magari acquista invece di andarsene.
- Ridurre i costi: meno operatori umani per chat semplici, che possono dedicarsi a casi complessi o personalizzati.
- Migliorare l’esperienza utente: risposte immediate, consistenti e (se ben fatte) anche simpatiche aumentano la soddisfazione.
Bisogna comunque monitorare le prestazioni del bot. Tramite prompt engineering puoi diminuire, ma non azzerare, il rischio di risposte errate. Quindi inizialmente è bene loggare le conversazioni e controllare se ci sono stati problemi, aggiustando il prompt di sistema di conseguenza (ad esempio, se noti che tende a dare consigli non richiesti, aggiungi “non dare suggerimenti se non vengono richiesti esplicitamente”).
Un ultimo tocco: personalizzazione. Se il chatbot può accedere a dati utente (es. “Ciao Mario, bentornato, il tuo ultimo ordine è stato spedito ieri”), puoi includere segnaposto nel prompt come {nome_utente}, {stato_ordine} riempiti dal tuo sistema e poi generare la risposta. Questo unisce il potere dell’AI con i dati personali per un’esperienza su misura. Attento però alla privacy: trattando dati personali assicurati di avere consensi e di non far uscire quei dati dal sistema AI.
Conclusione: prompt engineering, il nuovo alleato per crescere (davvero)
In un mondo digitale in continua evoluzione, non basta più saper usare un’AI: bisogna saperle parlare. Ecco perché il prompt engineering non è solo una tecnica, ma una leva strategica che può fare la differenza tra contenuti generici e messaggi che convertono, tra customer service inefficiente e assistenza smart, tra “provare a farcela da soli” e far decollare davvero il tuo progetto online.
Chi possiede un sito o un eCommerce oggi si trova davanti a un bivio: sperimentare alla cieca, perdendo tempo e opportunità, oppure affidarsi a chi conosce questi strumenti e li trasforma in valore reale, misurabile, concreto.
E qui entra in gioco Mamagari.it: la nostra agenzia non ti offre l’ennesimo servizio standard, ma una guida esperta per integrare l’AI nel modo giusto, con prompt su misura, risultati ottimizzati e strategie costruite sul tuo business.
Se vuoi che il tuo sito non sia solo online, ma anche in prima linea nel mercato digitale, il prompt engineering è il punto di partenza. E affidarti a Mamagari è il modo più rapido, sicuro e professionale per farlo bene.
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